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Tutto quello che c’è da sapere sul cotone, parte 1: i problemi dell’agricoltura industriale e la promessa del cotone organico

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Il cotone è la fibra più diffusa al mondo. Viene utilizzato in una grande varietà di articoli, dai dollari ai jeans, ma molte persone non conoscono ciò che c’è dietro essi, quali sono i problemi dell’agricoltura industriale e a che punto si trova il cotone organico. Questa serie di articoli svelerà tutto ciò che c’è da sapere e sfaterà i più comuni falsi miti su questa amata materia prima.


Un po’ di storia del cotone... Torniamo a 5mila anni fa


La storia del cotone è piuttosto antica. Da almeno 5mila anni viene coltivato, inizialmente solo in diverse aree isolate, e a livello globale dal XV secolo. Per qualche centinaio di anni, rappresentò inoltre una pregiata valuta.


La rivoluzione industriale, dal 1760 al 1840 circa, venne supportata dal cotone e collegò le industrie tessili europee con le piantagioni nelle Americhe. La meccanizzazione di filatura e tessitura avvenne in Inghilterra nella seconda parte del XVIII secolo. Nel 1793, Eli Whitney inventò la sgranatrice di cotone, il vero punto di svolta nel settore, che rese il processo produttivo molto più efficiente.


Con la crescita della produzione tessile industriale, il cotone diventò più accessibile per le masse. Grazie alla sua morbidezza, leggerezza e resistenza, legate alla maggiore convenienza data dalla diminuzione dei costi di produzione, il cotone è diventato la fibra più popolare al mondo.




L’agricoltura industriale ha aumentato l’inquinamento agricolo


L'aumento della domanda di cotone richiese un aumento della sua offerta. L'espansione dei metodi agricoli industriali convenzionali iniziò negli anni ‘50 e portò le aziende a diventare sempre più grandi per accrescere la propria produttività, ma, di conseguenza, anche l’inquinamento agricolo. Le monoculture e gli attrezzi meccanici erano le tecniche preferite per aumentare l’efficienza.


Questi nuovi modi di coltivare il cotone e altre colture, però, danneggiano la biodiversità e uccidono degli impollinatori di vitale importanza, come le api, le farfalle, i pipistrelli, le falene, i coleotteri e gli uccelli, impattando negativamente la salute del suolo e delle piante e forzando gli agricoltori a usare più pesticidi, insetticidi ed erbicidi per stare al passo con la domanda. L'agricoltura industriale convenzionale è diventata uno dei settori più inquinanti sulla Terra.


Le api impollinano circa l’80% delle colture, mentre le altre specie si occupano del resto. In molti casi, gli impollinatori nativi, che si sono adattati alla flora locale, sono addirittura più efficienti della comune ape mellifera. Le monocolture, la perdita degli habitat, i pesticidi e le malattie hanno effetti dannosi su tutti gli impollinatori. Circa il 40% delle api negli USA e un terzo di quelle dell’EU muoiono ogni anno.


Secondo il Textile Exchange, nel 2021 il cotone coltivato convenzionalmente rappresentava ancora il 69% del mercato, nonostante la crescente domanda per il cotone organico e altre alternative. L'impatto di questa materia prima continua quindi a essere significativo.


L'interesse nell’agricoltura organica è cresciuto, ma quanto cotone è davvero organico?


L'agricoltura organica, in particolare negli ultimi 20 anni, ha vissuto una sorta di rinascita. Nonostante i suoi numerosi benefici ambientali e sociali, la diffusione del cotone organico tra gli agricoltori si sta rivelando lenta a causa di alcuni problemi: il periodo di transizione di tre anni, le erbacce, i complessi requisiti per la catena di custodia, i minori rendimenti e la più debole qualità delle fibre. La domanda attuale è di molto maggiore rispetto all’offerta, pari solo all'1% del cotone globalmente prodotto, e viene accompagnata da prezzi alti e false rivendicazioni di sostenibilità. Inoltre, molti Paesi in cui viene coltivato hanno un elevato livello di corruzione e non sempre rispettano gli standard delle certificazioni. Viene quindi spontaneo chiedersi: “Quanto cotone organico è davvero organico?”



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